Risarcimento da Responsabilità Condominiale

Consulenza Legale e Assicurativa per il tuo risarcimento o indennizzo in seguito a danni da responsabilità condominiale

 

Claims Solution offre consulenza assicurativa e legale in materia di risarcimento a seguito di responsabilità condominiale. Claims Solution offre servizi di consulenza che consentono di districarsi nel labirinto normativo. Aiutiamo ad ottenere un equo risarcimento a seguito a danno da responsabilità condominiale.

Claims Solution conosce il valore del tempo dei propri clienti. Sappiamo che domande come:

    • Quanto tempo è necessario per una richiesta di risarcimento?
    • Come faccio ad ottenere un risarcimento giusto?
    • Come posso vigilare sulla mia richiesta di risarcimento?

Sono tutte domande lecite che meritano risposte.

Claims Solution sa quanto è prezioso gestire tempestivamente ogni incarico ricevuto, e sa come ottenere il giusto risarcimento nel minor tempo possibile.

 

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Facciamo un po di chiarezza

Il tutto ruota attorno al significato da attribuire all’art. 2051 c.c., riguardante la responsabilità per danni da cose in custodia, infatti il Condominio è custode dei beni comuni o proprietà condominiali quali ad esempio:

1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;

2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;

3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

 

La pronuncia appena citata assume indubitabilmente discreto interesse in quanto ripropone quelli che sono i principi cardine in materia di responsabilità per questo genere di danni.

Si legge nella sentenza che la fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo.

 

Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno.

Ne consegue l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo comunque sull’attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito.

Sia l’accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all’intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 6753/2004).

 

L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. 4279708; 20427708; 5910/11 secondo cui la norma dell’art. 2051 cod. civ., che stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa.
– Principio enunciato ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ.)
 (Cass. 16 aprile 2012 n. 5977).

Un esempio ci aiuterà a spiegare meglio il contenuto della pronuncia in esame.

S’ipotizzi che Tizio, proprietario di un immobile nel condomino Alfa, subisca danni da infiltrazioni proveniente da parti comuni.

Il danneggiato, per ottenere il risarcimento deve provare:
a) il danno;
b) la provenienza;
c) il nesso causale.

Al convenuto che vorrà liberarsi da responsabilità, trattandosi di responsabilità obiettiva, spetterà la prova del caso fortuito.

Purtroppo capita spesso che l’appartamento del singolo condomino venga danneggiato da infiltrazioni d’acqua provocate da rottura di tubazioni condominiali o, in genere, da strutture comuni dell’edificio. L’immediata reazione del condomino in siffatte situazioni, è quello di informare l’amministratore e di pensare al risarcimento dei danni che riceverà dall’assicurazione del Condominio.

Spesso però non sono facilmente individuabili le cause delle infiltrazioni verificatesi. Si spiega allora, la copiosa giurisprudenza che ormai si è formata in tema di infiltrazioni.

Avere il proprio appartamento danneggiato da infiltrazioni, infatti, comporta per il condomino, oltre che un materiale esborso per il ripristino delle parti ammalorate, anche un non indifferente disagio nelle relazioni sociali.

Chi è responsabile?

Salve particolari ipotesi, è il Condominio che è tenuto al risarcimento del danno, intendendosi per tale, preliminarmente, il dovere di provvedere immediatamente ad eseguire i lavori di ripristino, oltreché al pagamento degli arredi, dei suppellettili, dei rivestimenti.

Il Condominio è tenuto alla custodia ed alla manutenzione delle parti e degli impianti comuni dell’edificio talché il singolo condomino, ponendosi come terzo nei confronti del Condominio stesso, può agire nei confronti di quest’ultimo per il risarcimento dei danni sofferti per il cattivo funzionamento di un impianto comune o per la difettosità di parti comuni dell’edificio, dalle quali provengono le infiltrazioni d’acqua pregiudizievoli per gli ambienti di sua proprietà esclusiva.

 

Infiltrazioni dall’impianto fognario

Nel caso in cui, invece, i danni siano provocati da infiltrazioni derivanti dalla fognatura è però opportuno verificare preliminarmente se le stesse provengono dalla parte della fognatura condominiale che arriva sino al punto di innesto con la fognatura stradale o piuttosto dalla rete fognaria esterna al condominio. Solo nella prima ipotesi il Condominio sarà tenuto a risarcire i danni, potendo poi richiedere al costruttore dello stabile la rifusione di quanto corrisposto al singolo condomino danneggiato, se il danno consegue a difetto di costruzione.

 

Chi paga i danni derivanti da infiltrazioni di acqua?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione[2] offre interessanti spunti per approfondire un tema estremamente attuale: e cioè, l’individuazione, in caso di infiltrazioni d’acqua, provenienti da parti comuni dell’immobile, di coloro che ne sono i responsabili e, pertanto, di coloro che sono tenuti al dovuto risarcimento.

La responsabilità del condominio.

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, non vi era stata, né da parte del condominio, né da parte dei condomini richiedenti il risarcimento del danno dovuto, la chiamata in causa del costruttore-venditore, pertanto la Cassazione si è vista costretta, stante l’oggetto della domanda, a decidere della sussistenza o meno della responsabilità del condominio ai sensi dell’art. 2051, Codice Civile, essendo questo l’unico “soggetto” contro cui era stata avanzata la domanda del relativo risarcimento.

Qualora una porzione di proprietà esclusiva, all’interno di edificio condominiale, risulti danneggiata a causa della presenza di vizi relativi a parti comuni, deve comunque riconoscersi al titolare di detta porzione di proprietà esclusiva la facoltà di esperire azione risarcitoria nei confronti del condominio, e ciò sulla base di quanto disposto dall’art. 2051, laddove ed ovviamente, la presenza di tali danni sia ricollegabile all’inosservanza da parte del condominio stesso dell’obbligo di provvedere, quale custode, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa custodita.

Tale decisione è assolutamente ineccepibile. Essa si fonda sul dovere che incombe a qualsiasi soggetto, che abbia un effettivo e non occasionale potere sulla cosa, di vigilare sulla stessa, affinché da essa non scaturiscano situazioni di pericolo o di danno a carico di terzi.

Distinguiamo innanzitutto la responsabilità derivante da fatto illecito dalla responsabilità derivante da contratto.

Gli obblighi di pagare qualcosa a qualcuno, possono derivare da contratto o da fatto illecito (… ma anche da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico) (v. art. 1173 v. c.c.).

In soldoni, tale riparto vuole significare che la legge disciplina diversamente il caso della responsabilità cosiddetta contrattuale, cioè derivante da inadempimento del contratto e il caso della responsabilità extracontrattuale, cioè derivante da fatto illecito; tale secondo caso è previsto dall’art. 2043 c.c., ove si prescrive che qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Per fare un esempio, il mancato pagamento di una bolletta rientra nella prima ipotesi, il vaso che cade da un balcone in testa al passante rientra nella seconda ipotesi. Entrambe sono però riconducibili al proprietario di quell’immobile. Cosa accade se però la bolletta è ad esempio intestata al condominio e se il balcone da cui cade il vaso è una parte condominiale e non di proprietà del singolo? Cosa accade cioè se il soggetto cui è attribuita la responsabilità è un condominio e non il singolo proprietario? Sostanzialmente, chi, e quanto, paga i danni?

Condominio e responsabilità contrattuale

Nel caso di debitore plurisoggettivo esistono due sistemi di riparto: o ognuno paga la sua quota oppure ognuno è responsabile per l’intero. Le diverse soluzioni andranno a soddisfare alternativamente il creditore (con la responsabilità solidale, consentendogli di agire verso uno, per tutti) o il debitore (con la responsabilità parziaria, gravandolo nei limti della sua quota).

Per quanto riguarda le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi (e non adempiute da qualcuno dei condomini) occorrerà la previsione della preventiva escussione dell’obbligato moroso e la (solo) successiva azione del creditore verso i condomini adempienti (v. art. 63 disp.att. c.c.); norma cui corrisponde l’obbligo dell’ amministratore di fornire ai creditori i nomi dei morosi.

Condominio e responsabilità extracontrattuale

 

Nel caso di responsabilità extracontrattuale, cioè, per dirla in parole semplici, di danno prodotto al di fuori di un contratto, la norma di riferimento è contenuta nell’art. 2055 c.c., per il quale Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dalla entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.

Dunque nel caso in cui il fatto dannoso è riconducibile a più persone, ognuna di loro sarà responsabile verso il danneggiato per l’intero, salvo che poi ella vada a rivalersi verso il corresponsabile per la quota di quello. Il danneggiato potrà dunque pretendere a sua scelta il pagamento da uno o dall’altro dei coobbligati.

La norma si applica al condominio? Secondo la citata sentenza n. 1674 del 2015 sì.

A proposito dell’amministratore, va da sè che la sua azione (o omissione), potrebbe inserirsi nel nesso di causalità del danno; con questo egli sarebbe a sua volta responsabile, con conseguente diritto di rivalsa dei condomini perlomeno nei rapporti interni.

 

In caso di caduta dalle scale condominiali, il condominio, in quanto custode dei beni comuni, è tenuto a rispondere dei danni causati ai condomini e ai terzi ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Per la giurisprudenza maggioritaria, si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva configurabile in capo al condominio in virtù della sola relazione materiale sussistente con i beni in comune e che, in quanto tale, risulta esclusa soltanto quando “l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento”

Di conseguenza, il danneggiato che intende ottenere il risarcimento dal condominio per essere caduto dalle scale avrà l’onere di provare di aver subìto un danno in conseguenza della caduta, che sussiste un nesso causale tra lo stesso danno e le scale condominiali, che la cosa era sotto la custodia del condominio, ovvero che si tratta di bene comune, mentre incombe sul condominio dimostrare che l’evento si è verificato per caso fortuito.

L’applicabilità dell’art. 2051 c.c.: il custode risponde solo quando l’alterazione rispetto lo stato ordinario “per le sue intrinseche caratteristiche, determina la configurazione nel caso concreto della cd. insidia o trabocchetto e l’imprevedibilità e l’invisibilità di tale “alterazione” costituisca la causa della caduta in conseguenza di questa situazione di pericolo.

Spesso, quando si tratta di lavori effettuati nel condominio, dai quali siano derivati eventi dannosi a terzi, i conflitti sfociano in cause di risarcimento danni in cui i Giudici sono chiamati a stabilire e a ripartire il grado di responsabilità tra la ditta appaltatrice, l’amministratore, il direttore dei lavori (che può coincidere con l’amministratore stesso) e l’assemblea condominiale che ha autorizzato i lavori e scelto, di norma, la ditta.

Quasi sempre, le contestazioni principali che vengono mosse all’amministratore attengono alla sua eventuale responsabilità a titolo di culpa in eligendo e in vigilando.

Come è noto, ai sensi dell’art. 1655 c.c., l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.”

Attesa, dunque, l’autonomia con cui l’appaltatore svolge la sua attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l’opera o il servizio cui si era obbligato, è di regola l’imprenditore che risponde dei danni provocati a terzi.

Tuttavia, in generale, il committente, prima di affidare un incarico lavorativo, deve accertarsi che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche e professionali per eseguirlo. (D.Lgs. n. 81/2008art. 26 co. 1 lett. a)

In pratica, l’amministratore, nella sua qualità di committente dei lavori, sarà responsabile di culpa in eligendo nel caso in cui affidi l’opera ad un’impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. (cfr. Cass. Civ. sent. 6 agosto 2004, n. 15185; 27 maggio 2011, n. 11757 e 15 novembre 2013, n. 25758).

Inoltre, quando l’appaltatore, in base ai patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive, e venga quindi privato dell’autonomia decisionale e di gestione dell’incarico, sarà il committente a dover rispondere degli eventi dannosi provocati a terzi.

In tale contesto, “una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, tanto che l’appaltatore finisca per agire quale nudus minister privo dell’autonomia che normalmente gli compete” (Cass. Civ. Sent. 23 marzo 1999, n. 2745; 20 aprile 2004, n. 7499; 2 marzo 2005, n. 4361 e 29 marzo 2007, n. 7755).

Nel caso in esame, in realtà, la responsabilità a titolo di culpa in eligendo nei confronti dell’amministratore era stata proposta per la prima volta in Cassazione e non nei precedenti gradi di giudizio.

In effetti, osservava la Suprema Corte, era stata prospettata una responsabilità a titolo di culpa in eligendo solo nei confronti del Condominio.

Ciò posto, atteso che in tale controversia si era accertato che era stato il Condominio stesso a decidere di affidare i lavori ad una determinata ditta, l’amministratore sarebbe comunque andato esente da responsabilità.

Infatti, in tale ipotesi, l’amministratore non aveva avuto alcuna autonomia decisionale né operativa e, in virtù del suo rapporto di mandato, era per legge tenuto a dare esecuzione alla decisioni assunte dai condomini.

Pur in assenza di una delibera assembleare, come nel caso di specie, era stato verificato che il Condominio, in presenza di pregresse infiltrazioni, aveva deciso di affidare ad una società, scelta dai condomini stessi, i lavori senza discussione in assemblea e senza esame dei preventivi di altre imprese.
Ciò, pertanto, esonerava l’amministratore dalle responsabilità connesse, ad esempio, alla scelta della ditta, di cui non potrà rispondere, né civilmente né penalmente, proprio perché privo di potere decisionale e di autonomia operativa.

In conformità alla giurisprudenza in tema di appalto sopra ricordata, deve ribadirsi che l’appaltatore rimane esclusivo responsabile dell’esecuzione dei lavori, nonché dei relativi danni conseguenti a negligenza nell’esecuzione.